Uno dei libri che ho maggiormente amato all’Università è “Storie permesse, storie proibite” della dott.ssa Valeria Ugazio.

 

Sarà che l’ho letto e studiato in un periodo particolare del mio percorso di studi, sarà che il libro è proprio bello e l’approccio terapeutico raccontato assolutamente interessante, nel tempo l’ho poi preso in mano milioni di volte. Non lo consiglio ai non addetti ai lavori che non abbiano un poco di dimestichezza con la psicologia perchè tutto sommato non si tratta di un libro semplice, senza qualche base alle spalle.

 

L’idea sostanzialmente è che la psicopatologia sia un comportamento comunicativo, che si sviluppa nelle relazioni con gli altri. Il pensiero di fondo è che il soggetto sia un soggetto contestuale; l’individuo senza le relazioni in cui è inserito è come una medusa: se la togli dall’acqua, sostanzialmente, non esiste. L’individuo esiste nelle relazioni.

 

La psicopatologia è quindi un comportamento intelligente ma è un comportamento intelligente che produce anche un sacco di svantaggi. Ovviamente non è un comportamento positivo, ma è la strada che l’individuo in modo inconsapevole, parzialmente o totalmente ma comunque inconsapevole, ha prodotto per risolvere un suo modo di comporsi con gli altri. Secondo questa teoria nelle famiglie in cui si sviluppa un  comportamento disfunzionale diventa prevalente un tema, una semantica a livello comunicativo e relazionale.

 

Nel caso per esempio del disturbo ossessivo-compulsivo la semantica prevalente è quella  della bontà con la sua contrapposizione fra bene e male.

Di conseguenza:

“ I membri di queste fa­miglie si sentiranno , e saranno considerati, buoni, puri, re­sponsabili o, al contrario, cattivi, egoisti, immorali. Incontreranno persone che li salveranno, li eleveranno, o, al contrario, che li inizieranno al vizio, li indurranno a comportamenti di cui potranno poi sentirsi colpevoli. Spose­ranno persone capaci di abnegazione, innocenti, pure o, invece, crudeli, egoi­ste che approfitteranno di loro. I loro figli saranno buoni, puri, casti o, al contrario, sfrenati nell’espressione dei loro desideri, violenti nell’affermazione di se stessi e della propria sessualità. Alcuni di essi soffriranno per l’egoismo, e a volte per la malvagità degli altri o per l’intrinseca cattiveria dei propri impulsi. Altri saranno orgogliosi della propria purezza e superiorità morale. E alcuni si sentiranno appagati dalla soddisfazione dei propri impulsi” (Ugazio, 2012,p.163).

 

Buono è chi rinuncia all’espressione dei propri desideri e alla difesa dei propri interessi, chi si sacri­fica, chi si allontana dalla dinamica «pulsionale», e non chi è disponibile, ac­cogliente, garbato e generoso verso gli altri. Cattivo è chi esprime la propria sessualità e le proprie «pulsioni» aggressive, ma anche chi afferma se stesso,  agisce per il  riconoscimento delle proprie capacità e dei propri meriti.

 

La psicopatologia dell’ossessivo-compulsivo nasce da questa fatica nello schierarsi e nel definirsi buono o cattivo, perchè entrambi in queste famiglie pare impossibile esserlo, ma schierarsi comporta delle conseguenze non sempre così gestibili.

 

Dott.ssa Erika Fissore

Psicologo-Psicoterapeuta

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