Siamo nella fase 2. Da qualche giorno. E quella che era nell’immaginario di alcuni la tanta agognata libertà si sta rivelando, da un punto di vista psicologico, una fase ben più difficile da gestire della fase 1.

 

Me ne sono resa conto già gli ultimi 10 giorni di quarantena serrata, quando improvvisamente, dopo un vuoto assoluto di chiamate al numero del mio studio (via rambaudi 27, Bra), il telefono ha ripreso a squillare.

 

La sensazione che personalmente avevo di questa assenza di richieste di aiuto durata un mese e mezzo, piuttosto particolare devo dire, è che le persone si trovassero in uno spazio di mezzo, in una realtà ovattata in cui era difficile fare un passo avanti come uno indietro, prendere qualsiasi decisione, imboccare qualsiasi strada.

 

Poi hanno iniziato a parlarci del 4 maggio e qualcosa è cambiato.

 

Ho iniziato a sentire le parole ansia e paura nelle frasi di pazienti, amici e conoscenti. La non voglia di uscire, di tornare a contatto con una realtà dai ritmi frenetici e che improvvisamente stanno troppo stretti, il timore di rientrare in circoli viziosi di costrizioni di impegni e relazioni con i quali la società inevitabilmente ci obbliga a confrontarci.

 

La quarantena ci ha costretti a guardarci dentro, io credo che per tanti di noi sia stata una psicoterapia costante. Ma a scadenza. E allora rimane un senso di incompiuto. La sensazione di aver lavorato tanto su di sé, di essere stati quasi costretti a farlo, di aver anche provato il piacere di farlo… e poi improvvisamente, tac, ti dicono che è finita, puoi andare, anzi, devi andare, a qualsiasi punto di elaborazione tu sia arrivato, ora ti tocca andare. Solo che tanti hanno ancora gli occhi stropicciati. Un poco come quando un terapeuta ti dice che forse potresti essere pronto a cavartela da solo, ad andare avanti con le tue gambe, ma tu sei spiazzato e pensi “ancora un attimo”. Ce la farò da solo, ma diamoci ancora qualche seduta.

 

Ecco. Diamoci ancora qualche seduta. Prendiamoci il tempo che ci serve per rielaborare tutte le riflessioni e le emozioni scaturite in questo tempo prezioso in cui tanti di noi sono andati in profondità come non mai e per farne tesoro.

 

Personalmente credo che il nostro dovere più grande sia fare in modo che ciò che è stato appreso e sentito non vada perso. Che lo sguardo che abbiamo volto verso l’interno, se non ci ha distrutti perché troppi erano i mostri che abbiamo incontrato, rimanga ancora piegato in quella direzione, che è una direzione di elaborazione e crescita.

 

Buon proseguimento elaborato a tutti voi.

 

Dott.ssa Erika Fissore
Psicologo-Psicoterapeuta
via Rambaudi 27
12042 Bra (CN)

 

(illustrazione di Lisefisher

https://www.facebook.com/lisebethfischer/)